ĀPAḤ Acqua che genera acqua
Nella lingua classica /sanscr. si declina solo al plurale > ĀPAḤ e designa l’ACQUA o meglio le ACQUE.
L’acqua è vita: nella mitologia greca le acque sono affidate alla custodia delle Ninfe (νύμϕη / nymphaea), venerate dai popoli antichi come personificazioni femminili di fonti, fiumi e laghi (Naiadi e Oceanine), rappresentando il candore e la fertilità.
Anche dagli antichi Romani le Ninfe furono identificate come divinità indigene dell’acqua e delle sorgenti. Le stesse Ninfe oggi si possono trovare rappresentate, armoniosamente a custodia dell’acqua, nel Palazzo dell’Acqua progettato dal genio artistico di Duilio Cambellotti.
L’acqua purifica. L’acqua rigenera. L’acqua cura.
Uno dei principali elementi della physis (che in greco vuol dire “natura”) è occupato dall’acqua. Nella farmacopea arcaica e moderna, occupa un posto chiave nelle preparazioni di quanto necessario alla guarigione: i suoi poteri curativi erano riconosciuti dalle tradizioni popolari così come lo sono oggi dalla scienza e dalla medicina moderna.
L’acqua è movimento.
Lo scorrere dell’acqua è il fluire del tempo. Diviene strumento gnoseologico per rendere oggettuale (e cognitivamente rappresentabile) il tempo. Panta rei: tutto scorre. Tutto fluisce dal non essere, all’essere per tornare al non essere.
L’acqua è anche passaggio.
È la porta da attraversare per l’incontro con il proprio IO. Nello shintoismo la natura è sacra, e lo è di conseguenza anche l’acqua, che ad essa appartiene. L’acqua viene utilizzata per praticare rituali di purificazione, come il misogi (un bagno nell’acqua gelata), che sono destinati a procurarsi fortuna e pace mentale. L’acqua viene utilizzata anche per meditare e spesso tale pratica viene effettuata presso sorgenti o cascate, considerate luoghi sacri, o attraverso abluzioni in mare o nei fiumi.
L’acqua è il luogo ideale per la meditazione con la quale incontrare l’Io, l’acqua siamo noi.
Siamo acqua che cammina sull’acqua. Attraverso l’acqua cerchiamo il nostro essere più profondo, ma cerchiamo l’altro. L’acqua è pulsazione, l’acqua è interazione. È comunione dialogica. Dinanzi all’acqua preghiamo per cercare Dio e cerchiamo anche l’altro-da-noi. Dinanzi all’acqua l’uomo si incontra, parla: discorre sullo scorrere della vita. Cerca un senso nella parola, costruisce mondi, elabora visioni.
L’acqua è stupore.
È l’invisibile che diventa visibile, inafferrabile ma tangibile. La sua presenza si avverte, emette suono, vibra nella sua più profonda essenza creatrice, la sua massa crea salti, balzi, cascate e si raccoglie generando materia ed energia.
L’acqua è comunità.
Ma non una sola, tutte le comunità. Perché col suo scorrere unisce: unisce territori, unisce paesaggi, unisce lingue e culture. Trasporta conoscenze, idee. Con il suo unire diventa intelligenza connettiva, utilizzando il concetto di Deleuze applicato ai rizomi, perché l’acqua, come i rizomi, porta nutrimento, ma anche informazioni, conoscenza. Conoscenza circolare che fluisce verso il basso per poi risalire verso l’alto.
Il payoff
Partiti dal respiro, in questo percorso a spirale torniamo alla circolarità. L’acqua respira, si muove, pulsa. È energia: l’acqua che genera acqua. Evocativa la parola “generare” associata all’acqua. D’altronde nasce da un legame, da un’unione che sfrutta le peculiarità dell’idrogeno. E l’etimo (francese) della parola idrogeno ben lo rappresenta: “che genera acqua”. Acqua e idrogeno. Se lo traduciamo con i lemmi etimologici sarebbe: aqua (lat.) – che genera acqua (fr.).
L’idrogeno che forma l’acqua / l’acqua che genera idrogeno / l’idrogeno che forma l’acqua. Oggi la parola “circolarità” ha una grande forza magnetica dal punto di vista semantico: aggrega attorno a sé, è sistema di gravitazione per innumerevoli campi semantici. Può essere applicata a tutto (e viene applicata a tutto).
Ma per l’acqua è diverso. L’acqua è qualcosa di intrinsecamente circolare già nella sua stessa natura, come esplicitato in questo concept. Il ciclo dell’acqua d’altronde è la rappresentazione perfetta della circolarità.
L’uomo in questa visione è il centro, ma attorno a lui c’è il movimento della vita. L’uomo deve solo prendere atto della sua responsabilità di essere centro e ciò passa dalla sua capacità di trasformare ogni materiale in risorsa che torna alla terra come rinnovata materia vitale. Una responsabilità che passa dal rispetto dell’ecosistema e delle sue risorse e che deve essere ancorata ad una nuova gnoseologica dell’elemento acqua: l’acqua non è qualcosa di esterno a noi che dobbiamo afferrare.
L’atto performativo parte dal prendere coscienza che NOI SIAMO ACQUA. Siamo noi L’ACQUA CHE GENERA ACQUA. L’uomo fatto di acqua che genera l’acqua grazie alla tecnologia, intesa come protesi della propria volontà…di essere ciò che deve essere. ACQUA CHE GENERA ACQUA!
Dal concept al progetto
La luce e la rifrazione sono “voci” narranti che incontrano lo spazio dello stand. L’uomo è l’essenza al centro dello spazio concettuale fieristico.
Così il visitatore partecipa come soggetto, attraversa un percorso di pannelli verticali, mutevole come un caleidoscopio in cui, come nella rifrazione della materia nell’acqua, cambia la prospettiva e la visione dell’insieme, in relazione alla differente direzione in cui si muove, dunque in base all’azione.
Uno spazio di connessioni tra immagini evocative di territori e paesaggi, formule chimiche e definizioni arcaiche, stampate sui pannelli, creando in base alla scelta personale del percorso, una sovrapposizione di immagini.
Il percorso accompagna il visitatore al NUCLEO.
Una sorta di “caverna di Platone” nella quale l’esperienza percepita è individuale, ogni volta singola, perché le immagini ed i video che vanno a loop sono sempre differenti e si rifrangono negli specchi che ne amplificano la visione.
Il buio del nucleo viene squarciato da una rifrazione di luce, da un proiettore apposito che simula la rifrazione dell’acqua, generando lo stupore che ogni qual volta proviamo nel vedere quello speciale riflesso e riverbero dell’acqua che si riflette sulle superfici materiali, incontrando la luce.
Ulteriore elemento, a stigmatizzare l’esperienza esplorativa del nucleo, è una frase luminosa che recita il payoff dello stand, declinandolo in significante umano: SIAMO ACQUA CHE GENERA ACQUA.
Lo spazio concettuale e lo studio televisivo open sono divisi da un arco spazio temporale che unisce il metafisico al fisico. Attraversando questo arco si arriva nello studio televisivo: la tecnologia, il futuro. Lo spazio dedicato allo studio televisivo riproduce una scogliera, una falesia, una forma solida che l’acqua plasma al suo passaggio.
Una sorta di gradinata che accoglie anche gli ospiti dello studio televisivo. Prospiciente alla “falesia” il pavimento dello studio è realizzato con materiali stampati in 3D evocativi di corsi o masse d’acqua, dall’effetto scenografico.
Sull’ingresso frontale, a fare da quinta allo studio televisivo open troviamo 3 colonne, simbolicamente come colonne d’Ercole, significanti di un “passaggio attraverso“ esattamente come l’acqua che attraversa, percorre e lascia intravedere con la trasparenza.
Sul perimetro della struttura chiusa, troviamo vegetazione che scende in maniera irregolare così come le liane o le piante che prendono il sopravvento sulle costruzioni umane.
Su diverse superfici formule chimiche di elementi naturali legati ad idrogeno, carbonio, ossigeno, acqua, e pattern composti con simboli dei 4 elementi sempre alla base della creazione: ACQUA, TERRA, ARIA, FUOCO.
Su due lati esterni ai corridoi ci sono delle foto incorniciate che simulano l’oblò di una nave. Così lo stand nel globale, tra percorso esperienziale, nucleo, tecnologia e “tolda” di aggregazione sociale, diventa concettualmente una nave: una sorta di arca, con il messaggio all’interno di paesaggi e immagini del pianeta Terra, portati in salvo verso un futuro che viaggia in direzione sostenibilità, in un’ottica di transizione ecologica.