Veri e propri musei subacquei che il mare ci restituisce. Rappresentano il nostro passato, nascosto.
Da ammirare: è il caso dell’oasi delle Cesine, di Taranto e di Torre Guaceto. Un vero e proprio bottino d’arte recuperato che diventa oggetto di studio e di approfondimento. Siamo in Salento. Esattamente nella zona dell’oasi delle Cesine nel Comune di Vernole, in provincia di Lecce dove sono in corso gli scavi del “Porto ritrovato” dell'antica Lupiae (coordinati dal Dipartimento di Beni culturali dell'Università del Salento, in collaborazione con il Centro Euromediterraneo per l'Archeologia dei paesaggi costieri e subacquei). Lupiae, il cui porto fa tornare alla mente lo sbarco di Ottaviano da Apollonia.
Un porto, quindi, importante nella seconda metà del I secolo a.C. e già munito di alcune infrastrutture, per accogliere la nave del futuro imperatore Augusto. Ma torniamo ai giorni nostri. A 15 metri circa dalla costa, verosimilmente in corrispondenza della riva antica, a una profondità che va da meno di un metro ai 3,5 metri, si sviluppa una struttura (settore A) identificata con la fondazione di un possente molo, larga circa 8 m, lunga almeno 90 m, realizzata in grandi blocchi giustapposti e originariamente sovrapposti, oggi crollati e sparsi a causa della forza disgregatrice del moto ondoso. Si nota la presenza di grandi blocchi parallelepipedi con un lato sagomato a cilindro posti a intervalli piuttosto regolari e interpretabili come possibili bitte, anch’essi in crollo, e di altri blocchi lavorati e canalette.
Sullo stesso allineamento ma più al largo si trovano altri blocchi, disposti in linee parallele e perpendicolari (settore B). Una parte di questa struttura era stata vista e documentata negli anni ’90 ma le ricerche in corso hanno messo in luce altri tratti, rivelandone l’imponenza. Infine, il settore C corrisponde all’area della cosiddetta “Chiesa sommersa”; si tratta dei resti di un edificio con base intagliata in uno sperone roccioso e l’elevato dei muri in cementizio; la possibile identificazione con una “torre-faro” è un’ipotesi ancora da verificare. Nel corso di questa campagna sarà possibile realizzare anche di questo elemento un modello digitale tridimensionale. Si segnalano anche strutture a terra, alcune già note – una serie di vasche scavate nella roccia, probabile impianto per la produzione del sale, e alcuni ambienti a nord, forse databili a età tardorepubblicana – altre venute alla luce proprio nel corso di questa campagna, più a sud. L’insieme delle evidenze a mare e a terra, con l’approccio olistico dell’archeologia dei paesaggi, in questo caso paesaggi di mare, suggerisce appunto l’esistenza di un importante complesso portuale; ricostruirne lo sviluppo complessivo è, come detto, l’obiettivo primario di questa campagna di scavo, che continuerà a settembre, con eventi di archeologia pubblica e il coinvolgimento delle comunità locali.
Questa struttura è simile alla parte sommersa del grande molo adrianeo a nord dell’ampia baia di San Cataldo, a cui lo avvicina anche l’imponente sviluppo e la tecnica edilizia, ma potrebbe essere anche più antico di quello. Dal Salento risaliamo la costa. Sull’Adriatico. A Taranto, durante i lavori di posizionamento del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) nel mare Adriatico, tra la costa orientale pugliese e l’Albania, è stata rinvenuta una speciale collezione di reperti: ceramiche di manifattura corinzia, tra cui contenitori per vivande e servizi per la consumazione dei pasti, trasportate da un bastimento affondato a circa 780 metri di profondità nei primi anni del VII secolo a.C. a. Una collezione, ‘ Recuperati dagli abissi’ in mostra nel convento di Sant’Antonio fino a dicembre prossimo. I visitatori hanno potuto ammirare due anfore (nelle quali i primi studi hanno permesso di ritrovare diversi noccioli di oliva), cinque hydriai (vasi utilizzati per il trasporto dell’acqua), tre oinochoai (contenitori per la mescita del vino), una brocca, dieci skyphoi (coppe per bere) e un pithos (una grande giara), nella quale sono stati rinvenuti altri 28 skyphoi. “C’è tanto orgoglio per questa collocazione autorevole a Taranto – ha spiegato Aldo Patruno, Direttore generale del Dipartimento Turismo, Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio della Regione Puglia– proprio perché si inserisce in quel percorso di rinascita che sta affrontando il capoluogo ionico, attraverso il proprio patrimonio culturale e archeologico. I reperti ritrovati durante i lavori del TAP costituiscono una scoperta clamorosa e importante. Questa mostra è il punto di partenza per un ciclo che la Regione Puglia sosterrà da vicino”.
Da Taranto a Torre Guaceto: un’oasi naturale nella provincia di Brindisi. Qui, è stata recuperata una vera e propria necropoli a cremazione risalente all’età del Bronzo: alle operazioni, cominciate nel 2019, lavorano il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento con il supporto del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto, il Dipartimento di Storia, Culture e Civiltà dell’Università di Bologna e con l’Istituto Archeologico Austriaco di Vienna, in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi. Le indagini hanno consentito di accertare che, nonostante le trasformazioni ambientali avvenute nel corso degli ultimi millenni, soprattutto a causa dell’innalzamento del livello del mare, ampi tratti della necropoli a cremazione sono ancora ben conservati sia al di sotto della duna, sia della vegetazione costiera retrostante. Sebbene spesso le tombe risultino danneggiate nella porzione superiore da interventi condotti dall’uomo nei secoli successivi all’abbandono della necropoli, età Ellenistica, e poi forse anche in tempi molto più recenti a causa delle attività connesse con la piantumazione delle tamerici, in qualche caso la perseveranza degli archeologici è stata premiata. Eccezionale è infatti il rinvenimento di alcune tombe che presentano sia l’urna, sia la ciotola di copertura ancora integralmente conservate all’interno del pozzetto di deposizione e che, in almeno due casi, vedono l’urna riccamente adornata con motivi decorativi ad impressione e solcature.
Tombe che potrebbero essere appartenute ad individui di rango così come dimostra, il rinvenimento di un rasoio bitagliente in bronzo tipo Pertosa che, diversamente dagli ornamenti femminili in bronzo e ambra sin qui scoperti, suggerirebbe per la prima volta la presenza di un individuo di sesso maschile tra le tombe con corredi di pregio. Attorno alle urne, inoltre, sono stati rinvenuti i cosiddetti vasi accessori che, sulla base delle analisi chimiche sin qui effettuate, sembrerebbero aver contenuto bevande fermentate a base di cereali, l’odierna birra, che testimoniano lo svolgimento di libagioni connesse con la deposizione funeraria. “Nei prossimi mesi – ha dichiarato il presidente del Consorzio di Torre Guaceto, Rocky Malatesta – gli archeologi saranno impegnati nelle attività di microscavo del contenuto delle urne e poi nel restauro delle ceramiche e dei manufatti in bronzo, e nelle analisi dei resti umani, dei resti vegetali e di quelli animali, così come nelle datazioni radiocarboniche.
L’obiettivo è quello di raccontare le storie di questi uomini e di queste donne vissuti più di 3mila anni fa a Torre Guaceto, raccontare quel mondo di miti, simboli e ideologie che appartengono alla sfera del sacro. Stiamo studiando come realizzare un potenziamento del nostro laboratorio archeologico, anche in chiave museale, affinché il racconto della nostra storia sia accessibile a tutti”.
È online il quarto numero del 2023 della rivista L’ Acquedotto