L'Intelligenza Artificiale potrebbe essere la soluzione al cambiamento climatico. Oppure no. La società scientifica si sta interrogando su quale sarà l'impatto ambientale dell'AI e verso quale piatto penderà la bilancia tra vantaggi e svantaggi.
Durante i primi giorni della COP 28 di Dubai è stata adottata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, il primo documento nel quale si fa esplicito riferimento all'intelligenza artificiale come strumento per affrontare in modo efficiente il cambiamento climatico. Nello specifico il documento ha introdotto alcune linee guida che i Paesi aderenti devono seguire per identificare e sostenere lo sviluppo di soluzioni basate sull’AI per l’azione sul clima. Più di recente uno studio condotto dal Boston Consulting Group ha dimostrato che applicando l'intelligenza artificiale alle tecnologie attualmente in uso potremmo ridurre fino al 10% le emissioni di gas serra entro il 2030, vale a dire entro la data indicata dall'omonima agenda “2030” redatta dall'Unione Europea in occasione dell'accordo di Parigi. Come spesso accade con le tecnologie potenzialmente dirompenti occorrerà che ci si accordi per seguire le medesime regole. In questo momento lo scenario è molto variegato.
Negli Stati Uniti l'AI è non sottoposta a un vero e proprio regolamento. Al contrario l'Unione Europea si è dimostrata molto più avanti su questo fronte dotandosi di un documento condiviso. Stiamo parlando dell' “AI act” adottato l'8 dicembre 2023 dopo un lungo percorso legislativo iniziato nel 2021. Il documento stabilisce i limiti di utilizzo dell'intelligenza artificiale in rapporto al diritto alla privacy e al trattamento dei dati, ma introduce anche una serie di indicazioni che i governi e le amministrazioni possono adottare per rendere più efficiente l'utilizzo dell'intelligenza artificiale.
Attualmente uno dei principali ambiti di applicazione dell'AI è quello medico. Ma le potenzialità sono altissime. Basti pensare che, secondo quanto riportato dall'osservatorio Arfi cial Intelligence del Politecnico di Milano, nel 2023 il mercato dell'IA ha raggiunto in Italia un valore di circa 500 milioni di euro e che più del 60% delle aziende ha messo a punto progetti di sviluppo collegati a questo nuovo strumento. L'impatto economico in termini di crescita sarà, con poche sorprese, positivo.
Ma per l'ambiente quali rischi ci sono? Uno dei principali vantaggi dell'intelligenza artificiale è la possibilità di analizzare ed elaborare enormi quantità di dati relativi ai fenomeni climatici per ricavare modelli di previsione che consentano, ad esempio, di affrontare in modo differente i cosiddetti eventi estremi. Inoltre attraverso l'intelligenza artificiale è possibile ottimizzare l'utilizzo e la gestione dell'energia. Concretamente: molte realtà produttive riescono a valutare il proprio impatto ambientale monitorando le emissioni di anidride carbonica. L'intelligenza artificiale permette di analizzare in modo specifico ogni singolo passaggio determinando l'esatta percentuale di Co2 prodotta in ogni fase della produzione. Le aziende possono quindi capire nel dettaglio come e perchè generano emissioni e studiare soluzioni adatte a ridurne l'impatto. Guardiamo ora il rovescio della medaglia. Ogni “click” nel mondo digitale ha bisogno di un consumo di energia. Tanto che il “web” è spesso definito come il quarto Paese più inquinante al mondo. Per fare in modo che l'intelligenza artificiale sia “addestrata” a dovere per essere utilizzare in rapporto ai cambiamenti climatici occorre permetterle di acquisire il maggior numero possibile di dati. Processo che richiede enormi emissioni di Co2. Uno studio condotto dall'Università del Massachusetts, antesignana nell'analisi del fenomeno, ha stimato che per mettere a punto un modello di Intelligenza artificiale serve un quantitativo tale di energia corrispondente all'emissione di 284 tonnellate di anidride carbonica, vale a dire l'equivalente di cinque volte l'impatto di un automobile in 10 anni di attività.
Non solo Co2, ma anche anche consumo idrico. È stato stimato che OpenAI, la società che ha sviluppato la tanto discussa ChatGPT, abbia utilizzato circa 700mila litri di acqua dolce per raffreddare i computer che hanno sviluppato il programma, i cosiddetti data center. Negli anni successivi il processo è stato tuttavia reso meno impattante. Appare chiaro però a questo punto che occorre un impegno collettivo per monitorare gli sviluppi del fenomeno. Le Nazioni Unite di intesa con Microsoft hanno annunciato la creazione di un osservatorio per monitorare gli impatti dell'IA sull'ambiente. La finalità è quella di capire se, e come, i Paesi membri stanno rispettando le indicazioni per la riduzione delle emissioni e in che misura l'intelligenza artificiale sta contribuendo. Occorre considerare che probabilmente soluzioni per ridurre l'impatto dell'AI potrebbero arrivare dalla stessa intelligenza artificiale: ciò che potrebbe apparire come un'innovazione futuristica è in realtà già passato.
L'intelligenza artificiale infatti ora è diventata “generativa”. Ciò significa che è in grado di creare autonomamente, o quasi, testi, immagini e suoni e può anche rispondere a delle domande. Non resta quindi che interrogarla direttamente.