Siamo ufficialmente entrati nell'era dell'ebollizione globale. Il mese di luglio è stato il più caldo finora registrato e nelle scorse settimane l'Intergovernmental Panel on Climate Change, organo scientifico delle Nazioni Unite, ha dichiarato che entro il 2030 la temperatura della Terra sarà definitivamente aumentata di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. L'allarme è stato ripreso e confermato anche dagli organismi dell'Unione Europea e dall'Organizzazione meteorologica mondiale sul clima. A testimoniarlo non ci sono soltanto gli intangibili dati, ma anche la comparsa e la presenza nelle acque del Mediterraneo di animali finora non molto comuni: le meduse. Gli avvistamenti negli ultimi 10 secondo il CNR sono quasi decuplicati. L'aumento delle temperature favorisce la riproduzione di molte specie cosiddette aliene nel Mediterraneo.
Nella fase “sessile” quando cioè sono ancora dei piccoli polipi, le alte temperature e l'aumento della salinità delle acque possono determinare l'insorgenza di bloom, ossia lunghi “tappeti” di meduse ammassate le une sulle altre. Inquinamento, cementificazione e pesca non controllata hanno determinato il cambiamento degli ecosistemi, producendo una diminuzione del PH delle acque. L'acidificazione degli oceani ha alternato il rapporto tra pesci e meduse. Alcune specie sono infatti voraci di uova e larve di pesci. Ma le meduse non sono le sole specie aliene a essere arrivate nei mari d'Europa.
Secondo il monitoraggio condotto da Ispra, in Italia ci sono 3,500 specie esotiche. Molte, come il tanto chiacchierato granchio blu, sono arrivate per mezzo delle navi cargo, ma poi hanno continuato a proliferare agevolati dai mari caldi e dall'abbondanza di cibo. Le temperature più alte e umide hanno consentito vita facile anche alle zanzare tigre. Alterare gli equilibri dell'ecosistema comporterà inevitabili ripercussioni sull'uomo. E fino a questo punto le belle notizie scarseggiano. Jim Skea, presidente dell'IPCC delle Nazioni Unite, ha dichiarato di essere convinto di non poter più evitare di sforare la soglia minima di innalzamento delle temperature fissata dall'accordo di Parigi appunto a 1,5 gradi. Ad aver coniato il termine “era dell'ebollizione” è stato il presidente della Nazioni Unite, Antonio Guterres, nel tentativo di dare un'ennesima scossa alla percezione della tematica. Va infatti sottolineato che il fenomeno del negazionismo climatico è in crescita e addirittura nel 2020 gli Stati Uniti d'America si sono ritirati dall'accordo di Parigi, che ha impegnato i sottoscrittori a orientare i flussi finanziari verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e a migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. Decisione poi ritirata nel 2021 a seguito del cambio di vertice alla Casa Bianca.
Insomma non è più il momento di ricorrere a mezzi termini e compromessi. Sulle stesse corde risuona l'appello lanciato più volte dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e di recente convogliato in un documento sottoscritto dai Capi di Stato di Croazia, Grecia, Malta, Portogallo e Slovenia. I rappresentanti dei Paesi del Gruppo Arraiolos si sono impegnati a sostenere iniziative di azione congiunta contro la crisi climatica rivolgendosi all'Unione Europea, agli altri Paesi del Mediterraneo e in generale alla comunità internazionale affinché il tema della crisi climatica resti in cima all'agenda politica. “Non c'è più tempo da perdere": inizia così la nota diramata dal Quirinale attraverso la quale è stato annunciato il protocollo. Gli effetti più devastanti del cambiamento climatico si riverseranno soprattutto nell'area del Mediterraneo gravemente a rischio di scarsità di acqua ed elettricità e soprattutto di inondazioni, ondate di calore, incendi e desertificazione. “I fenomeni naturali estremi stanno distruggendo l’ecosistema e minacciando la nostra vita quotidiana, il nostro stile di vita”, si legge nel documento.
“Non c’è più tempo da perdere, non c’è più tempo per scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche. È imperativo agire e prendere iniziative urgenti ed efficaci. Tutti i Paesi del Mediterraneo devono coordinarsi e reagire, impegnarsi in uno sforzo collettivo per arrestare e invertire gli effetti della crisi climatica”, si legge ancora. È dovere di tutti noi agire in questa direzione e adottare politiche concrete volte a questo sforzo. Sensibilizzare l’opinione pubblica, educare e ispirare in tutti l’etica della responsabilità ambientale. Non solo per il presente, ma anche per il futuro dei nostri figli e delle generazioni che verranno”. Dopo Cina e Stati Uniti l'Unione Europea è il terzo maggiore produttore di gas serra al mondo, secondo l'Agenzia europea per l'ambiente. Per questo l'UE ha messo a punto delle strategie per invertire la rotta implementando meccanismi differenti a seconda del settore interessato. Un ricco programma che è facilmente consultabile sul sito ufficiale per Parlamento Europeo. Per limitarci ad alcuni esempi si potrebbe citare la strategia relativa alle centrali elettriche e alle industrie. Per ridurre le emissioni delle centrali elettriche e delle industrie, l’Unione europea ha messo in pratica il primo mercato delle emissioni. Con il sistema di scambio delle emissioni (ETS, dall’inglese Emissions Trading System), le aziende devono acquistare permessi per emettere CO2. Ciò significa che meno inquinano, meno pagano. Questo sistema copre il 40% delle emissioni totali di gas a effetto serra nell'UE. L'energia è infatti la principale fonte di emissioni di gas a effetto serra nell'UE. Il miglioramento dell'efficienza energetica e la produzione di energia più pulita aiutano a raggiungere gli obiettivi climatici dell'UE e a ridurre la sua dipendenza dalle importazioni.
Nel marzo 2023, il Parlamento e il Consiglio hanno raggiunto un accordo per promuovere le energie rinnovabili. La quota di energie rinnovabili nel consumo finale di energia dell'UE dovrebbe aumentare al 42,5% entro il 2030, mentre i singoli paesi dovrebbero puntare al 45%. Esiste ancora margine di intervento e affinché sia efficace occorre prendere consapevolezza del fatto che il cambiamento climatico è generato da azioni umane. Da qui nasce l'appello sottoscritto da 100 scienziati italiani, tra cui il premio nobel Giorgio Parisi, rivolto ai media perché a fronte degli eventi climatici estremi non si parli di crisi climatica e non di generico maltempo.
Ma c'è molto di più, come spiega Antonello Pasini, primo ricercatore Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR: “Non parlare delle cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta e non spiegare le soluzioni per una risposta efficace rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per le nostre famiglie e le nostre comunità, specialmente quelle più svantaggiate. Per queste ragioni, - spiega Pasini - invitiamo tutti i media italiani a spiegare chiaramente quali sono le cause della crisi climatica e le sue soluzioni, per dare a tutti e a tutte gli strumenti per comprendere profondamente i fenomeni in corso, sentirsi parte della soluzione e costruire una maggiore fiducia nel futuro". "Siamo ancora in tempo per scegliere il nostro futuro climatico. Siamo ancora in tempo per scegliere un futuro sostenibile che metta al primo posto la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, come previsto dagli obiettivi europei di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 e di neutralità climatica al 2050. Possiamo farlo anche grazie a una corretta comunicazione e alla cooperazione tra noi tutti".
È online il quinto numero del 2023 della rivista L’ Acquedotto