Due anni di intensa attività di manutenzione su 155 km della rete idrica.
Andando in giro per la Puglia, se possibile, stante gli impedimenti da Covid-19, nei centri abitati di Barletta, Bisceglie, Minervino Murge, Trani, Giovinazzo, Molfetta, Corato, Altamura, Santeramo In Colle, Bitetto, San Marco In Lamis, Monte Sant’Angelo, Martina Franca, Taranto, Bari, Valenzano, Castellana Grotte, Palo del Colle, Cassano Murge, Ruvo di Puglia, Terlizzi, la maggior parte di medie e grandi dimensioni, ci si potrà imbattere in cantieri di scavi per la sostituzione di condotte interrate. AQP sta avviando lavori particolarmente impegnativi per provvedere al recupero di acqua potabile dovuta alla dispersione registrata su reti vetuste o ammalorate dalle cause più diverse che nel tempo fanno sentire i loro effetti proprio sulle condotte idriche. Diversi anche i centri storici coinvolti. Le reti sono aggredite, prevalentemente, dalla natura del terreno e dagli attacchi di ossidazione. I cantieri devono essere effettuati cercando di salvaguardare la continuità dell’erogazione del servizio ai nostri clienti. Alcuni interventi, infatti, verranno effettuati proprio di notte per dare il minor fastidio possibile ai nostri clienti, alla distribuzione dell’acqua. È la difficoltà principale perché i lavori saranno effettuati su reti prevalentemente in esercizio. Organizzazione dei cantieri e interferenza con l’esercizio sono le fasi più delicate di questi lavori. L’obiettivo, comunque, è quello di non far venire mai meno l’acqua ai clienti.
I sindaci sono stati tutti coinvolti ed informati e da tutti è stata garantita la massima collaborazione ad AQP per evitare disagi ai clienti, ai cittadini. Complessivamente è previsto il coinvolgimento di 1.200.000 abitanti circa nelle province di BA, BAT, FG, TA. È tanto preziosa la risorsa acqua che non possiamo permetterci di disperderla proprio dalle reti di AQP. Nella storia recente, AQP ha avuto già due grossi interventi di risanamento reti denominati Risanamento 1 e Risanamento 2. Con questi due interventi è stata fatta una radicale ricognizione di tutte le reti idriche della regione Puglia gestite da Acquedotto Pugliese. I misuratori adottati a monte e a valle del flusso dell’acqua, indicano la portata d’acqua immessa in rete e l’acqua distribuita. Dall’analisi di tali dati sono stati selezionati i 21 Comuni che fanno parte del Risanamento reti 3. L’obiettivo è massimizzare il recupero laddove sono state registrate le maggiori perdite della risorsa acqua. L’acqua effettivamente consegnata è data dalla sommatoria dei consumi registrati ai clienti utilizzatori. Tale somma viene sottratta dalla somma dell’acqua immessa in rete. La differenza, ovviamente, registra l’effettiva perdita. Un lavoro dal costo complessivo di 80 milioni di euro a quadro economico che farà registrare la sostituzione di 155 km di rete. È previsto il loro completamento per la fine del 2022: due anni di fitti cantieri. Trattasi di sei gare distinte.
VALENZANO: SEDE INTERNAZIONALE DI RICERCHE SCIENTIFICHE
Valenzano è di fatto divenuto periferia di Bari. La sua ricchezza e la sua notorietà, anche internazionale, oggi, è data principalmente dall’essere sede di alcuni centri di ricerca scientifica, tra cui il Parco Scientifico e Tecnologico Tecnopolis, l’Istituto Agronomico Mediterraneo, il Laboratorio di Ingegneria Costiera LIC del Politecnico di Bari e la Facoltà di Veterinaria dell’Ateneo barese. Strutture integrate nel Novus Campus dell’Università di Bari, assieme alla sede unica del CNR, alla Facoltà di Agraria, al biopolo con la facoltà di Scienze Biotecnologiche e all’orto botanico, oggi allocati nel campus universitario centrale.
Valenzano è un centro abitato che pur conservando la sua autonomia, in tutto è fortemente influenzato dalla sua contiguità al capoluogo della Puglia. Originari dell’Illiria, sulla costa est dell’Adriatico meridionale, i Peucezi si stanziarono nel territorio della Puglia centrale e tennero contatti commerciali con le colonie della Magna Grecia, tra cui Taranto.
Valenzano era crocevia tra la strada che da Canosa portava a Brindisi e la strada che da Bari portava a Taranto. Il paese attuale si è sviluppato verso l’anno 1000 intorno ad una torre normanna, posta a guardia della strada che collegava Ceglie a Norba e a guardia della stessa Bari. È divenuto successivamente luogo fortificato mantenendo tale caratteristica fino al XVII secolo. La presenza dell’Abbazia di Ognissanti, comunità monastica benedettina fondata nel sec. XI, a causa della consistenza dei propri possedimenti terrieri, per un certo periodo ha rappresentato una vera e propria grande azienda. L’Abbazia rappresentò anche un polo attrattivo per le attività commerciali, perché attorno ad essa si svolgeva la fiera di “Tutti i santi” il primo novembre di tutti gli anni. Fiera arrivata a noi intatta fino alla fine del secolo scorso. Ma, la decadenza dell’Abbazia cominciò nel XIII sec. quando Papa Bonifacio VIII ne cancellò l’indipendenza, facendola rientrare nell’orbita della Basilica di San Nicola di Bari. La comunità monastica divenne più ridotta col passare del tempo fino a che fu soppressa nello XVI sec. Nel XVIII sec. l’edificio abbaziale fu abbattuto per ricavare materiale per l’edificazione del Santuario della Madonna del Pozzo di Capurso, meta di grande devozione e pellegrinaggi, a piedi, da tutta la Puglia. Oggi rimane solo la Chiesa di Ognissanti, a Valenzano, che prima faceva parte di un più ampio complesso. Dopo le guerre sannitiche, i romani assoggettarono la Puglia e l’attuale territorio di Valenzano fu probabilmente parte degli estesi latifondi che circondavano la città di Cælia, attuale Ceglie del Campo, divenuto, durante il periodo fascista, frazione, con Loseto e Carbonara, della “grande” Bari. La definitiva fondazione dell’attuale paese è collocata intorno all’845 d.C., nello stesso periodo in cui i Saraceni giunsero a Bari, distruggendola. Le vicende politiche, economiche, civili e sociali del capoluogo regionale l’hanno sempre coinvolta. Valenzano è stata segnata dal fenomeno dell’emigrazione del Novecento. L’Argentina era la meta preferita. Lo sviluppo urbanistico ha risentito delle scelte dei baresi, veri immigrati a partire dal 1980, oggi formato da ben 18.000 abitanti. AQP si appresta a sostituire 4,2 Km di reti per il recuperare le perdite registrate.
SANTERAMO IN COLLE: VEDETTA IN DIFESA DEL TERRITORIO
Nella Murgia pugliese della Città Metropolitana di Bari, Santeramo in Colle è il Comune più alto. Così posto, ne controllava il territorio e i traffici, poco distante dalla via Appia.
Il suo territorio è carsico e ricco di lame, jazzi e inghiottitoi, corti, parchi, laghi, pozzi e fontane.
La presenza di siti con acqua ne giustificano la sua nascita, pur in un territorio a volte roccioso e molto aspro.
Il versante in direzione di Matera, con il cui territorio confina, è una vasta pianura, un tempo paludosa. È la zona più fertile del territorio in cui sono presenti numerosi insediamenti rurali, veri bacini di raccolta di acque piovane.
Santeramo è antica città Peuceta. Recentemente sono stati ritrovati resti di insediamenti che possono risalire al IX-VIII, V-IV secolo a.C. Un uliveto alla sua entrata custodisce un ipogeo, di grande interesse geologico, geomorfologico, archeologico e storico, sito destinato alle sepolture e usato come rifugio. Il Borgo Antico segna la civiltà che da peuceta, greca, diventa romana, altomedioevale. L’epoca moderna ci restituisce antichissime masserie, architetture rupestri e religiose più recenti con palazzi padronali di grande splendore. Un po’ di buon gusto culinario non guasta. Famosi i piatti tipici: orecchiette con i fricelli, le orecchiette con le cime di rape, i cavatelli con il sugo di braciole, i cavatelli lunghi con i cavolfiori e la mollica soffritta, i cavatelli con i funghi cardoncelli, dal sapore unico, esclusivo, le fave bianche con le cicorielle campestri, l’agnello allo spiedo con patate e cipolle, le “gnumiredde” (involtini di frattaglie di agnello o agnellone avvolti dalle budella dello stesso animale), i lampascioni lessi con olio e pepe. Molto diffuso è anche il consumo di carne equina (cavallo e asino). Rinomate e tipiche le brasciole al sugo. I lavori che AQP sta per realizzare per il recupero di acqua dispersa nelle reti è di 5,5 km. Intensa la collaborazione con l’Amministrazione Comunale.
MONTE SANT’ANGELO: RICCO DI STORIA E SPIRITUALITÀ
Monte Sant’Angelo è la sua Grotta. Misto fra spiritualità e storia. Per accedere devi superare il monito che sovrasta il portale dell’ingresso alla Basilica dedicata all’Arcangelo San Michele: TERRIBILIS EST LOCUS ISTE. HIC DOMUS DEI EST ET PORTA COELI”. “Questo luogo incute rispetto. Questa è la casa di Dio e la porta del Cielo”. Potremmo anche tradurre: “Questo è luogo degno di rispetto ...”. Entrando scendi sino alla grande grotta dove l’Arcangelo San Michele, apparendo più volte, lasciò la sua impronta sulla roccia. L’otto maggio è l’anniversario delle apparizioni. Una sensazione di misticismo ti accompagna in tutta la discesa.
Un luogo di culto molto accorsato, visitato da papi e re, mai consacrato da mano d’uomo, nei secoli, definita e riconosciuta come “Celeste Basilica” In quella impervia grotta si era perso un toro. Da essa non voleva risalire. Il suo ricco padrone, Elvio, scagliando una freccia se la vede ritornare e conficcata in una gamba. Cadendo da cavallo gli appare un Angelo guerriero che impugnava una scintillante spada. Fatto demoniaco? Fatto soprannaturale? Dopo tre giorni di preghiere indette dal Vescovo, a lui, in sogno apparve San Michele Arcangelo e gli dice: “Io sono l’Arcangelo Michele, e sono sempre alla presenza di Dio. La grotta è a me sacra ed Io l’ho scelta. Non ci sarà più spargimento di sangue di animali. Dove si apre la roccia il peccato dell’uomo potrebbe essere perdonato. Ciò che è stato richiesto in preghiera sarà concesso. Perciò risalite la montagna e consacrate la grotta al culto cristiano.” Tanti i racconti della protezione angelica e delle rivelazioni soprannaturali: guerre, pestilenze, pericoli vari, guarigioni nel corpo e nell’anima. Il 24 maggio 1987 papa Giovanni Paolo II, ora Santo,si recò per la seconda volta per pregare. “Mi ki el”… Chi come Dio? Chi ha fede lo sperimenta. I cristiani hanno sempre considerato l’Arcangelo il più potente difensore del popolo di Dio. La liturgia bizantina lo canta così. “Non solo hai sconfitto il drago grande e terribile nel tuo santuario di Chone (siamo in Turchia), ma si è formato un corso d’acqua guaritrice di ogni malattia del corpo”.
Ma, Monte Sant’Angelo è tanto altro: fede, storia, cultura, tradizioni. Dopo il Santuario di San Michele Arcangelo, la Foresta Umbra (cioè cupa, ombrosa), patrimonio dell’UNESCO, l’Abbazia e gli eremi di Pulsano, rifugio per quanti cercano pace assoluta, il Castello di Monte Sant’Angelo (sec. XI fu dimora di Roberto il Guiscardo), il Rione Junno, fatto da graziose casette bianche fra scalinate e vicoli stretti, la Tomba di Rotari, ovvero Battistero di San Giovanni in Tumba accanto alla Chiesa di Santa Maria Maggiore, il bianco, meraviglioso Centro Storico fatto di viuzze, stradine e scalinate che conducono in posti da cui si gode una vista mozzafiato, il Sentiero dell’Angelo, moderna opera d’arte che conduce sulle tracce delle apparizioni micaeliche, fa rivivere il miracolo e riscopre il segno; la Baia di Punta Rossa, una delle baie più caratteristiche del Gargano in un mare cristallino. Acquedotto Pugliese è in fase avanzata con i lavori al depuratore e ora si appresta alla sostituzione di 2,6 Km di rete idrica per pervenire al recupero di accertate perdite di acqua potabile.
MARTINA FRANCA: CUORE DELLA VALLE D’ITRIA
Se Sali da Taranto o scendi da Locorotondo o Cisternino, Martina Franca ti accoglie a 431 m s.l.m., con il suo barocco bianco, i suoi palazzi signorili ricchi di storia, di arte e con le strade di pietra levigate. Palazzi appartenuti a famiglie che hanno fatto la storia del territorio. Martina è come corona a un territorio ricco di contrade, di trulli, di muri, muretti, paretoni a secco, di alberi da frutto, di campi di grano, di vigneti, di boschi di fragno, di cespugli di vegetazione mediterranea.
La campagna è costellata di specchie (raccolta di mucchi di pietre) che a volte designano il territorio o sono servite come difesa. Martina nel suo territorio si lascia attraversare dal dolce scorrere del fiume sotterraneo che porta l’acqua di Acquedotto Pugliese dalle sorgenti di Caposele e di Cassano Irpino, ora divenuta ammirata e ricercata ciclovìa da amatori che arrivano da tutto il mondo. Ancora due giorni e lentamente quell’acqua sarà a Santa Maria di Leuca (LE).
Un grande centro, con circa 48.000 abitanti e tante attività di industrie medio piccole e artigianali che danno vita ad una ricca attività produttiva, all’intero territorio circostante. Monte Fellone porta le tracce dei ritrovamenti di scavi archeologici che risalgono dal neolitico al IV secolo d.C. Antiche le origini di Martina Franca: Alto Medioevo, sotto l’influenza dei Longobardi, alternatisi all’autorità dell’Impero Romano d’Oriente, nel X secolo divenne luogo di difesa dalle invasioni e dalle devastazioni dei Saraceni. Qui arrivavano profughi da Taranto e si univano a comunità di pastori.
Martina divenne “Franca”, perché non sottoposta a tributi per quanti decidevano di insediarsi definitivamente a Martina. Comunità di ebrei, fra alterne vicende, riuscirono ad insediarsi definitivamente a Martina. Una Basilica, con una facciata maestosa, dedicata a San Martino, è l’emblema del barocco martinese, con l’immagine del suo protettore che divide con un povero il suo mantello. È Martino a dare il nome alla città: Martina. È la gemma più preziosa del centro storico, fatto di strettissimi vicoli e senza uscita, luogo di vera difesa. L’acqua del centro abitato era quella piovana, raccolta nei pozzi, nelle cisterne, dai tetti ricoperti di chianche. Lasciatevi tentare dal capocollo di Martina Franca, il salume tipico della Murgia dei trulli. Marinato con spezie e vincotto, viene insaccato in un budello naturale e legato con dello spago. L’affumicatura può essere effettuata con rami d’alloro e timo oppure con bucce di mandorla, erbe mediterranee e corteccia di fragno. Un abbinamento è dato dal capocollo di Martina con fichi freschi e vincotto. Provare per credere e gustare. AQP ha avviato i lavori per la sostituzione di 8,6 Km di reti urbane che hanno fatto registrare perdite di acqua potabile.
BARLETTA: DALLA DISFIDA ALLA GRANDE RINASCITA
La città da tempo si identifica con una data, il 13 febbraio 1503, giorno in cui sul territorio di Trani (nella piana tra Andria e Corato) si tenne lo storico scontro tra francesi e italiani, questi sotto l’egida spagnola.
Tutti la identificano con il nome la Disfida di Barletta. Una vera sfida fra tredici cavalieri italiani e tredici cavalieri francesi. Gli italiani, al comando di Ettore Fieramosca, conseguirono una netta vittoria. Fu il riscatto: l’evento di quella giornata, varcò i confini di quell’ambìto territorio e vendicò il popolo dalla dura servitù francese e dalle provocazioni che duravano da due secoli. Scrittori e registi, nel tempo, ne hanno cantato le gesta. Oggi è co-capoluogo di provincia insieme ad Andria e Trani, in sigla BAT, la sesta della Puglia. Fu scalo marittimo di Canosa. Questa fu considerata città ricca di risorse naturali, lontana da zone paludose. Con le Crociate in Terra Santa, durante l’XI, Barletta divenne un fiorente centro commerciale. Significativa l’evoluzione del nome della città: Barolo, per Boccaccio nel Decamerone, Bardulos, Barduli, Baruli, Barulum, Varolum o Varletum. Nella vicina Canne della Battaglia, sede della seconda guerra punica, Bardulos finì nell’orbita di Roma, dopo che i Romani furono sconfitti dall’esercito di Annibale. I cittadini di Canne migrarono lungo la costa, a Bardulos, dopo la distruzione del 547. Poi sopraggiunsero i Longobardi. Anche i canosini migrarono al mare le cui direttrici conducevano a Barium e a Brundisium. Fu l’incursione saracena dell’848 e la devastazione dell’875 a dare una spinta decisiva alla vicina Baruli che diventava una vera e propria civitas. Fu città fortezza dei Normanni e dal 1194 città sveva, dominata dall’espansionismo di Federico II che costruì la sua domus nel castello barlettano, tenuto tutt’oggi in ottimo stato di conservazione e uso.
La Dieta della sesta crociata (1228) si tenne presso la domus federiciana. Nel 1266 agli svevi succedette la dinastia angioina. La dinastia aragonese subentrò nel 1442 e nel 1459 il re Ferdinando I fu incoronato proprio della cattedrale di Barletta. Durante la seconda guerra italiana, agli inizi del XVI secolo, Francia e Spagna furono coinvolte nella famosa Disfida di Barletta. La città divenne roccaforte degli spagnoli, che ne ampliarono le mura ed il castello. Nel 1528, fu altresì devastata dai francesi, che perpetrarono saccheggi e incendi tali da portare alla distruzione chiese ed edifici conventuali. Ebbe così inizio il declino di Barletta, favorito dal malgoverno spagnolo e dalle calamità naturali susseguitesi per tutto il XVII secolo: nel 1627 e nel 1629 due sismi danneggiarono numerosi edifici barlettani, senza intaccare il castello cittadino. Nel 1656 la peste colpì la città e il numero dei suoi abitanti passò dai ventimila di quell’anno agli ottomila del marzo 1657. Nel 1689, 1731, 1743 vi furono ulteriori terremoti che ridussero in ginocchio la popolazione. La rinascita di Barletta ha inizio nel XVIII secolo con Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat. Questi non esitò, nel 1809, a realizzare la soppressione degli ordini religiosi presenti in città e alla confisca di tutti i beni ecclesiastici. Le lotte contadine del XX secolo, guidate da Giuseppe Di Vittorio, i giorni e le vicende della Resistenza, (la città di Barletta è stata insignita, unico caso in Italia, con la medaglia d’oro al valor militare ed al merito civile), la ritrovata stabilità amministrativa con il sindaco Francesco Salerno, unitamente alla ripresa economica della città, ne hanno segnato la svolta. I cantieri AQP che si stanno avviando in questi giorni entro il 2022 avranno sostituito 11,6 km di reti.