L’impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del Tara, sito in agro di Taranto e Statte, è il futuro delle fonti di Puglia, al pari del risorsa rilasciata per l'agricoltura dai nostri depuratori. Tutelare e contribuire al benessere delle comunità garantendo loro acqua buona e servizi sostenibili è la nostra mission.
Il progetto
Il dissalatore di Taranto utilizzerà il principio dell’osmosi inversa per potabilizzare acque salmastre delle sorgenti del Tara. Il prelievo sarà variabile, in base delle condizioni del fiume e nel suo rispetto, sino ad un massimo di 1.000 l/s di risorsa. L’impianto è stato progettato per produrre l'equivalente del fabbisogno idrico giornaliero di 385mila persone (un quarto della popolazione dell'intera penisola salentina). L’acqua potabilizzata sarà inviata, attraverso una condotta interrata della lunghezza di circa 14 chilometri, a un serbatoio di 200mila metri cubi nella città di Taranto, collegato alla rete di AQP, costituendo importante risorsa idrica per l’intera Puglia.
FAQ
Il dissalatore di Taranto, il più grande a osmosi inversa d’Italia, produrrà acqua potabile sufficiente per 385.000 persone. Preleverà fino a 1.000 l/s di acqua grezza dal fiume Tara e invierà l’acqua trattata a Taranto tramite una condotta di 14 km.
Sì, il dissalatore è la soluzione più performante secondo il Piano d’Ambito 2020-2045, poiché fornisce nuova risorsa idrica e riduce la dipendenza della Puglia da altre regioni, garantendo maggiore autonomia e resilienza contro le crisi idriche.
No, il progetto garantisce la vita del fiume. Verranno prelevati quantitativi tali da preservare l’ecosistema fauno floristico.
No, non sono previste nuove opere sul Tara. Sarà utilizzata la presa esistente di Acque del Sud, e l’impianto sarà costruito a 800 metri dal fiume, e sarà integrato nell’ambiente circostante grazie anche alla presenza di alberature di pregio.
No, gli alberi verranno reimpiantati o, se malati, sostituiti con piante giovani. La nuova posizione sarà concordata con i proprietari, che riceveranno indennità e supporto per il ripristino degli impianti irrigui, con costi a carico di Acquedotto Pugliese.
Sì, in modo positivo: ridurrà il prelievo dai pozzi, migliorando la situazione della falda e contrastando l’intrusione salina.
No, la salamoia avrà una salinità di 7 grammi per litro, molto inferiore a quella del mare (35 g/l), e conterrà solo sostanze già presenti nel Tara. Sarà smaltita attraverso una condotta apposita, in linea con le normative ambientali.
No, i consumi saranno contenuti grazie alla dismissione del 27% dei pozzi salentini e all’uso di un impianto fotovoltaico dedicato. L’energia consumata sarà pari a quella utilizzata da circa 4000 famiglie, a fronte del beneficio per 385.000 persone. Non sono previsti processi di combustione e le emissioni di CO2 saranno indirette e progressivamente ridotte con l’aumento di energia rinnovabile in Italia.
Il dissalatore avrà effetti positivi per diverse ragioni. Esso agirà come deterrente per gli ecoreati, grazie alla presenza del personale AQP, contribuendo alla tutela di un’area già soggetta a fenomeni di degrado. Il progetto, inoltre, include interventi di riqualificazione come il recupero della ciclovia "Acqua-Foce del Fiume Tara", con manutenzione, segnaletica e aree di sosta, e il ripristino delle discese al fiume in due aree attrezzate. Questi miglioramenti valorizzeranno il territorio e lo renderanno più accessibile.
Il MesoHABSIM è un metodo riconosciuto a livello europeo come uno strumento scientifico per stabilire i deflussi ecologici, ovvero la quantità minima d'acqua necessaria a mantenere l'equilibrio degli ecosistemi fluviali. Questo approccio è in linea con la Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE) e il documento di orientamento CIS nº31 del 2015. Sviluppato e applicato dal Politecnico di Torino, il metodo prevede rilevamenti sul campo e simulazioni per analizzare l'impatto delle derivazioni idriche sull'habitat fluviale e sulla fauna ittica. Grazie alla validazione da parte di ISPRA e alla sua applicazione in oltre 200 siti in Italia, il MesoHABSIM assicura che il fiume Tara conservi le sue condizioni ecologiche e la sua struttura naturale, garantendo un equilibrio tra il prelievo delle acque e la tutela dell’ambiente.
Il cavedano (Squalius squalus) è stato scelto come specie di riferimento perché è una delle principali specie ittiche autoctone del fiume Tara e occupa un ruolo di rilievo nella catena alimentare. Questo lo rende un indicatore importante della salute dell'ecosistema fluviale. Essendo una specie che vive in ambienti fluviali variegati e preferisce acque profonde, il cavedano è particolarmente sensibile ai cambiamenti del corso d'acqua, come la riduzione del flusso. Per questo motivo, la Regione Puglia ha individuato questa specie come parametro di riferimento per il monitoraggio ecologico, basandosi sia sui rilievi condotti periodicamente che sugli studi del Politecnico di Torino. Monitorare lo stato del cavedano permette di valutare l’impatto ambientale delle variazioni idrologiche e di proteggere l’intero ecosistema fluviale, salvaguardando gli habitat e la biodiversità associata.
Certo, il Politecnico di Torino ha svolto un’indagine sul campo per raccogliere dati utili alla valutazione ecologica del fiume Tara, come descritto nel paragrafo “2.1 Raccolta dati di campo” del Documento 2 del PAUR. La campagna di monitoraggio è stata coordinata dal professor Paolo Vezza, ideatore della metodologia MesoHABSIM, con il supporto della sua équipe. Durante i rilievi, gli esperti hanno misurato la profondità e la conformazione del fondale fluviale attraverso rilievi batimetrici e topografici. Hanno inoltre mappato i diversi tipi di substrato e identificato le aree di rifugio per la fauna ittica mediante osservazioni subacquee e snorkeling. Parallelamente, è stata registrata la portata del fiume e installato un sensore per monitorare in modo continuo i livelli dell’acqua e la sua temperatura.
Sì. Lo Studio di Impatto Ambientale analizza l’interazione tra prelievo idrico e rilascio della salamoia, evidenziando che la salamoia, con una salinità di circa 7 g/l (molto inferiore ai 35 g/l dell’acqua marina), si comporta come acqua di foce e non altera l’equilibrio marino. L’area di rilascio, è stata scelta per ridurre al minimo gli impatti. Il monitoraggio continuo garantirà il rispetto dei limiti di legge e il controllo delle condizioni chimico-fisiche dell’ambiente marino.
Gli ulivi che saranno temporaneamente espiantati a causa dei lavori saranno gestiti seguendo le procedure previste dalle normative regionali. Gli ulivi sani saranno espiantati e reimpiantati successivamente, concordando le nuove posizioni con i proprietari dei terreni espropriati. Per gli ulivi malati, che non possono essere reimpiantati, è prevista la sostituzione con piante giovani. AQP si farà carico delle spese di reimpianto e del completo ripristino degli impianti irrigui esistenti, sia temporanei che definitivi. Inoltre, i proprietari riceveranno le indennità previste, incluse quelle per esproprio, occupazione temporanea e mancato raccolto. Questa procedura è stata pianificata per garantire il rispetto delle risorse arboree e la piena tutela del paesaggio agricolo circostante.
Gli studi preliminari hanno dimostrato che il dissalatore di Taranto è un’opera sostenibile nel lungo termine, anche in considerazione del cambiamento climatico. La "Valutazione dell’impronta Carbonica e Verifica della Resilienza Climatica" ha confermato che il progetto è conforme agli "Orientamenti tecnici per investimenti a prova di clima" della Commissione Europea. L'impianto è stato progettato per ridurre al minimo le emissioni di gas serra e garantire la neutralità climatica, rispettando il principio normativo-ambientale denominato DNSH (Do No Significant Harm - Non arrecare un danno significativo). Inoltre, il dissalatore contribuirà a mitigare i rischi derivanti da eventi climatici estremi, assicurando una fonte idrica autonoma e stabile per la regione.
Il risanamento delle reti idriche è già una priorità per AQP ed è complementare al progetto del dissalatore. Dal 2003, AQP ha avviato un piano di recupero delle perdite che prevede la sostituzione di migliaia di chilometri di condotte e ha già portato significativi miglioramenti. Sebbene la riduzione delle perdite sia fondamentale e continui a produrre risultati concreti, da sola non è sufficiente a coprire il fabbisogno idrico regionale in situazioni di crisi legate al cambiamento climatico. L’Analisi Costi Benefici ha dimostrato che il dissalatore di Taranto rappresenta la soluzione più efficace per garantire una nuova risorsa idrica stabile, autonoma e resiliente, a supporto della rete idrica esistente.
Sì, AQP sta investendo significativamente nel trattamento e nel riuso delle acque reflue come parte di una strategia più ampia di diversificazione delle fonti idriche, che include anche la dissalazione. Attualmente, AQP gestisce 185 impianti di trattamento e 41 impianti di affinamento. Nel 2023, sono stati trattati 253 milioni di metri cubi di acque reflue, di cui 1,3 milioni di metri cubi sono stati riutilizzati per l’irrigazione agricola attraverso sei impianti già operativi, tra cui quelli di Acquaviva delle Fonti e Fasano. Ulteriori 35 impianti sono già tecnicamente pronti per il riuso, e entro il 2027 il numero degli impianti di affinamento salirà a 63, con una capacità potenziale di 50 milioni di metri cubi di acqua affinata per l’agricoltura. Il riuso delle acque reflue è un pilastro della strategia di Acquedotto Pugliese per garantire un approvvigionamento idrico stabile per le comunità servite in un contesto di permanente crisi climatica; parallelamente al risanamento delle reti e alla ricerca di nuove fonti, il riuso rappresenta quindi un’alternativa sostenibile per ridurre lo stress sulle falde acquifere e limitare il prelievo da fonti convenzionali, affiancandosi a progetti come il dissalatore di Taranto.