Quando agli inizi del secolo scorso cominciarono le grandi manovre per portare l’acqua dalle sorgenti dell’appennino campano sino alla Puglia e “di qui” sino ai lembi estremi dello Stivale, non dovette sembrare vero all'esercito di operai reclutati dall'Acquedotto Pugliese poter superare costoni rocciosi, gole profonde, pianori infuocati o dossi pietrosi e persino torrenti tumultuosi. Eppure squadroni di operai, carpentieri, fabbri e falegnami agli ordini di esperti ingegneri e solerti capomastri furono capaci di solcare interi territori, artigliare argini lontani, creare invasi e incanalare le acque per centinaia di chilometri, collegando le sorgenti del Sele con la piana sterminata della Puglia. L’epica impresa era compiuta.