Il Ponte Acquedotto visto con una luce e da una prospettiva inedita. È tornato a splendere in tutta la sua bellezza il luogo simbolo di Gravina in Puglia, emblema del territorio e simbolo identitario di grande valore. Un luogo magico e maestoso, alto 37 metri e lungo 90, che collega le due sponde del torrente Gravina. Un ponte che richiama senso di identità, quello di una comunità fiera ed in cammino. Ha scandito il tempo della fatica di generazioni di contadini che ogni giorno si recavano al lavoro nei campi e delle lavandaie. Quel ponte, il cui selciato ha risuonato dello scalpitio dei cavalli e delle bestie da soma e che ha conosciuto per generazioni le corse frenetiche ed i giochi dei bambini, amplificandone l'eco delle loro voci. Un simbolo al centro di set cinematografici internazionali che si sono avvicendati: Joaquin Phoenix che attraversa il ponte nei panni di Gesù per raggiungere il Getsemani, il Pinocchio di Garrone nel suo viaggio per tornare a casa del padre, fino a James Bond in “No time to die”, interpretato da Daniel Craig. Il Ponte Acquedotto rende evidente questo cordone ombelicale con la comunità ed è emblema di una narrazione condivisa. È oggi un “luogo del cuore”, grazie alle 25.726 preferenze del Fai, grazie alle quali ha ottenuto il settimo posto in classifica. Un percorso che nasce da lontano e che oggi è culminato con gli interventi significativi di cura e restyling da poco ultimati, grazie anche ad un investimento di 1,5 milioni da parte della Regione.

Oltre alle opere di restauro classico, sono stati effettuati interventi di conservazione tipologica, strutturale e formale, nonché il rifacimento dell'illuminazione notturna, celebrato con un evento denominato “Luci sul Ponte”. “Un giorno speciale” lo ha definito il sindaco Fedele Lagreca, che non ha nascosto la propria emozione nel vivere questo momento storico per Gravina e per il suo monumento simbolo, che collega la città alla sua parte più antica e che rappresenta la cartolina della città per eccellenza. Per far ritornare all'antico splendore il ponte – che nella sua storia è sopravvissuto a bombardamenti, terremoti e al logorio dell'erosione dell'acqua del torrente sottostante – ci sono voluti due anni di duro lavoro, non ultima la parte dedicata all'illuminazione realizzata nel pieno rispetto degli equilibri naturalistici del luogo. “Inauguriamo nuovi percorsi che permetteranno di avere uno sguardo più completo verso uno scenario unico” – ha sottolineato il primo cittadino, invitando la comunità gravinese a cogliere il valore del proprio patrimonio culturale e a lavorare per tutelarlo. I dettagli del progetto e delle attività sono stati spiegati durante l'evento dal dirigente dell'ufficio tecnico Onofrio Tragni e al progettista Nicola Stefanelli, che hanno evidenziato le difficoltà occorse nella realizzazione delle opere per un restauro “particolarmente difficile”. “Consegniamo quest'opera non solo ai cittadini di Gravina, ma anche ai loro figli”– ha concluso Stefanelli. Al recupero reso possibile grazie al contributo della Regione Puglia si è affiancato l’intervento di valorizzazione sostenuto da FAI e Intesa Sanpaolo. In particolare i lavori di ristrutturazione richiesti dal Comune di Gravina in Puglia, proprietario del Bene, si sono concentrati sull’illuminazione scenica e di sicurezza per il percorso pedonale e degli archi, al fine di rendere percorribile anche il secondo livello di arcate del ponte, in una chiave di piena accessibilità. Il bene si è aggiudicato, nel 2020, anche il premio speciale per il luogo più votato sul we4b (ai primi posti di questo riconoscimento speciale si sono posizionati sia la Ferrovia delle Meraviglie – primo classificato che il Castello di Sammezzano al secondo posto). Così il viaggio, indietro nel tempo, risuona oggi con l'eco di nuove e antiche voci che si fondono. Il ponte fu costruito per permettere l’attraversamento del Crapo (l’antico nome del torrente Gravina) e consentire ai fedeli di raggiungere la chiesetta della Madonna della Stella. Fonti storiche datano la sua esistenza almeno al 1686.

Probabilmente, reso instabile dal sisma del 1686, crollò nel terremoto del 1722. Fu quindi la famiglia Orsini di Roma, che si era trasferita nel feudo di Gravina, a ordinare, intorno alla metà del Settecento, la sua ricostruzione e trasformazione per portare sotto le mura della città le acque delle sorgenti Sant’Angelo e San Giacomo. La costruzione dell'acquedotto, che si origina circa 3 km a nord Ovest del centro abitato, in contrada Lamacolma, venne iniziata nel 1743 e doveva convogliare l'acqua in due fontane, una prima del ponte, denominata Fontana La Stella da usare come abbeveratoio, l'altra al termine, a ridosso della cinta muraria dell'abitato, da utilizzare come lavatoio. Il ponte viadotto fu costruito dall'ingegner Di Costanzo, il quale utilizzò la tecnica romana dell'opus quadratum, realizzando una doppia fila di archi poggianti su pilastri di forma quadrangolare, il tutto con conci squadrati di roccia calcarenitica cavata nell'area. La struttura sulla quale poggiava la tubatura dell’acqua che collegava le due fontane (pilacci), ancora oggi esistenti ai due lati del ponte, era costituita da 25 archi disposti lungo la spalliera. In seguito all’alluvione dell’agosto del 1855, questi archi furono gravemente danneggiati e, poiché pericolanti, furono sostituiti da una spalliera in tufo. Nel 1860 vennero effettuati interventi di consolidamento e di restauro con la messa in opera di tiranti in ferro e di un selciato rustico di di protezione. Attraversandolo si gode di una vista privilegiata sul profilo cittadino e soprattutto sul profondo canyon della Gravina, un paesaggio nel quale il ponte sembra integrarsi perfettamente grazie alla pietra calcarenitica locale con cui è stato costruito. Paesaggi mozzafiato oggi con una nuova luce, ecco cosa offre Gavina in Puglia, con le ali spalancate verso le coste baresi e la schiena poggiata sulla Lucania, seduta sulla Murgia, definita da Federico II di Svevia il “giardino di delizie”. Gravina, tempo immemore meta del passaggio delle genti. Lo stesso tempo, lento e costante, che l’acqua ha preso per modellare la culla della sua civiltà rupestre, aprendo un canyon che l’uomo ha collegato con il Ponte Acquedotto, simbolo di ingegno e di bellezza ad unire gli antichi insediamenti e i paesaggi rurali del Parco dell’Alta Murgia alla città moderna. E così il Ponte Acquedotto oggi, con la sua pietra, in questa terra a sud, e' e resterà per sempre uno scrigno prezioso capace di custodire – con rinnovata luce – la storia, l’unicità, la cultura e l’identità di un vero “luogo del cuore”.